OLYMPE DE GOUGES
Quando si inizia a tagliare i pensieri si finisce con il tagliare le teste
Musiche: Eleonora Vulpiani
Aiuto Regia: Noemi Fabbi
Con: Annalisa, Ilenia, Stefania M., Mounia, Stefania I., Teresa
Costumi: Gloria Bresciani
Disegno Luci: Roberto Pozzebon (RSS Service)
Foto di scena: Kamy Fares
Ufficio stampa: Daniela Bendoni
Produzione: Ass. Per Ananake
“Non c’è bisogno di essere colpevoli per provare vergogna. L’insulto più grande alla libertà è credere di non avere scelta. Se vuoi essere libero prenditi il coraggio, l’onore, la responsabilità di scegliere perché è scandaloso morire senza aver mai scelto. Il dono più grande che si può fare a se stessi è permettersi di scegliere……”
“Non mi hanno perdonato di essere una donna che scrive alla Francia invece che all’amante” grida la nostra Olympe de Gouges. La storia di una donna, Olympe de Gouges, che ha cercato fino alla ghigliottina di ricordare ai francesi come la loro “Libertà, uguaglianza, fraternità” fosse privilegio esclusivamente maschile, invocando nella sua Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina l’uguaglianza giuridica e legale delle donne in rapporto agli uomini. Una donna che ha fortemente voluto la rivoluzione ma che ha anche saputo interrogarsi sul significato della parola Repubblica, su cosa volesse dire governare per il bene comune analizzando la differenza tra scrivere delle leggi ed applicarle. Domande che durante tutta la fase di preparazione dello spettacolo, che racconta gli ultimi mesi di vita di Olympe in prigione prima di essere uccisa, ci hanno costretto ad interrogarci anche sul significato oggi di Repubblica, giustizia, uguaglianza. Un testo scelto dalle detenute attrici alla ricerca dei punti di contatto tra la detenzione femminile durante la rivoluzione francese ed oggi.
“Qui ho trovato una realtà completamente diversa da quella maschile. Un approccio alla vita, alla detenzione, allo studio e alla cultura differente. Una fame di sapere, di apprendere, di essere partecipi ad ogni fase del processo creativo straordinaria. Desiderio di dimostrare prima a se stesse e poi al mondo che le circonda, dentro e fuori le mura, la capacità di superare i propri limiti, di riscattarsi, di scoprire nuove risorse. Questo secondo spettacolo della compagnia è frutto di un’ estate di ricerche nella biblioteca del carcere, di analisi di numerosi testi e scrittura del copione tutte insieme. Un’attività che nasce dalla voglia di dimostrare la forza e la potenza di un lavoro di gruppo tutto al femminile, dove l’ascolto e la condivisione sono strumenti preziosi per il lavoro in teatro ma non solo, in luogo complesso e alienante come quello carcerario. Grinta, volontà di affermarsi, di esprimersi, di raccontarsi protette dal palcoscenico, di studiare, di analizzare ogni singolo elemento del lavoro rendono questa attività straordinaria nella sua ricerca di verità e professionalità, di lavoro su di se e sulle compagne di viaggio a Rebibbia.
“Da bambini ci insegnano che nessuno muore per nessuno, invece questi libri ci dicono altro” credo che questa riflessione, di una delle ragazze della compagnia, racconti più di mille altre parole il senso e il perché del teatro anche nel femminile”. (Francesca Tricarico)
il progetto “Le Donne del Muro Alto” Officina Teatro Sociale Regione Lazio 2014/2016 è un progetto collettivo, nato grazie al sostegno della regione Lazio, che ha finanziato parte dei costi, e al contributi di centinaia di sostenitori, attraverso la campagna di raccolta fondi avviata nei mesi scorsi su internet, che sono divenuti produttori dello spettacolo permettendo la realizzazione del primo anno di progetto.
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